Freud, l’interpretazione dei sogni e la complessità necessaria di Stefano Massini



Con il ricordo ancora vivido del romanzo diventato poi pièce Lehman Trilogy, messo in scena al Teatro Piccolo all’inizio del 2017 per i 70 dello storico palcoscenico milanese, ci ritroviamo nello stesso luogo a distanza di un anno per confrontarci con una nuova visione di Stefano Massini: Freud o l’interpretazione dei sogni. Anche in questo caso romanzo (L’interpretatore dei sogni – edito da Mondadori) subito trasposto in testo teatrale per la regia e adattamento di Federico Tiezzi. Il titolo rimanda al libro che ha segnato la nascita della psicoanalisi (L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud) pubblicato a Vienna il 4 novembre 1899 ma datato 1900 per volere dello stesso Freud che percepisce l’impatto che il suo lavoro avrà sul ‘nuovo’ secolo, portando lo studio della psiche e dei segreti che in essa si celano al centro della scena letteraria, artistica, teatrale e culturale occidentale. Ogni essere umano ha in sé una moltitudine di segreti e di contraddizioni, ma dal 5 novembre 1899 non sono più di sua esclusiva pertinenza


È da qui che parte Stefano Massini, immaginando di aver ritrovato il quaderno di appunti che lo stesso Freud cita più volte nelle sue teorie, ma che nessuno ha mai potuto leggere. Grazie ad esso, Massini ci racconta dei pazienti che Freud ha avuto in cura e dei racconti che condividevano con il loro ‘terapeuta’: i sogni, le paure, i segreti fino a quel momento inespugnabili. Tutto inizia da un sogno dello stesso Freud, in cui il fondatore della psicoanalisi sfama delle lucertole. Perché ha fatto quel sogno? C’è qualcosa dentro di lui che vuole essere scoperto? La curiosità e la voglia di decodificare l’ignoto ha su Freud un fascino che presto diventa ossessione. Da qui il passaggio dall’interpretazione dei propri sogni a quelli altrui il passo è breve e particolarmente fruttuoso. I sogni diventano enigmi da sciogliere, cacce al tesoro in cui il cercatore deve essere uno studioso della parola, perché gli aggettivi, le pause e le intonazioni che i pazienti usano per raccontare i loro sogni, diventano briciole di significato che Freud deve raccogliere sul sentiero della rivelazione. 



Il cardine del testo (letterario e teatrale) è il conflitto che ogni essere umano vive fra ciò che voleva essere e ciò che diventato. È nella frustrazione che i sogni trovano il loro terreno di coltura, lì dove la nostra essenza lotta senza sosta contro l’immagine che di noi diamo al mondo.  E allora per lo spettatore e il lettore (qualsiasi sia la forma che vorrete scegliere per gustare questa esperienza) sarà immediata l’immedesimazione con i ‘sognatori’ che iniziano a sfilare su un palcoscenico circondato da porte (da cui escono ed entrano le paure e i desideri dei pazienti). Inizierà così una complessa caccia al tesoro che continuerà ben oltre la fine dello spettacolo o della lettura. Di questo siamo grati a Stefano Massimi, che ci ricorda che la semplicità e l’immediatezza, cui ci ha abituato il mondo social in cui siamo immersi, sono spesso molto più fake delle notizie che leggiamo. La vita è complessa, contorta, fatti di strati sovrapposti che necessitano di approfondimento e di interpretazione per essere compresi.  E lo stesso autore a ricordarcelo: “La complessità è una componente necessaria in ogni mio lavoro. Sono convinto che essa sia la condizione imprescindibile per instaurare davvero un rapporto con lo spettatore, coinvolgendolo in un ingranaggio che lo reclami come parte attiva. Credo nei testi articolati, strutture elaborate e dense di architetture interne, affinché lo spettatore si senta costretto a costruirsi una propria mappa. Trovo che la tecnologia oggi ci abbia messo in condizione di poter sempre contare su un’artificiale semplicità come se tutto ci venisse incontro senza nodi, già ad uso e consumo di chi ne fruirà”. 



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