Un minuto intero di beatitudine e forse anche due con Louise e Renée al teatro Piccolo di Milano
«Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per
colmare tutta la vita di un uomo?»
Lo chiedeva Fëdor Dostoevskij ne Le notti bianche. La risposta è ovvia
per chi decide di isolarsi in una grande stanza buia a osservare quali
emozioni saranno in grado di suscitare i singolari individui che
fanno della realtà finzione e della finzione realtà. Uomini e donne che noi
chiamiamo attori. Sostantivo che trova la sua etimologia nel vocabolo latino ‘actore’ che deriva da ‘actus’, participio passato di ‘àgere’, letteralmente ‘mettere in moto,
far andare avanti un'azione’.
Ed è proprio questo che fanno Isabella Ragonese e
Federica Fracassi in scena fino al 30 aprile al teatro Piccolo di Milano con Louise e Renée, pièce nata da un adattamento di Stefano Massini dell’unico
romanzo epistolare di Honoré de Balzac (Memorie
di due giovani spose, testo del
1842, pressoché introvabile nelle librerie italiane). Servendosi di una scena
nuda, in cui solo dei candidi pannelli mobili scandiscono il mutare di spazio e tempo, le due attrici mettono in moto tutti i loro sensi,
amplificando nei loro dialoghi e nei loro gesti le aspirazioni, i fallimenti e
le domande che i due personaggi creati da Balzac vivono nella Francia della
prima metà dell’Ottocento.
Due donne che si incontrano in un convento dove
hanno vissuto la loro fanciullezza e da cui usciranno per tornare a casa e non
incontrarsi mai più. Eppure la loro amicizia, quella basata su una spietata
necessità di dirsi sempre la verità, quella «capace di ridere dei mostri
altrui», resiste. Iniziano a scriversi raccontando quanto il ‘fuori’ sia
diverso da quello che avevano immaginato chiuse in un convento. Lo fanno come
lo possono fare due donne, senza risparmiarsi, pronte ad ascoltare,
condividere, comprendere, motivare, ma anche ad attaccare con estrema e
strategica violenza l’amica che prova a deviare dal patto che hanno firmato.
E lo stesso autore dell’adattamento teatrale (Stefano Massini)
a raccontarcelo: «Su un ring di lucidissima crudeltà, si tiene di fatto
un’inchiesta sull’essere donna, sulla contraddizione dell’amore, sulla
disperazione di una socialità negata. […] Spietato analista della condizione
umana, Balzac come pochi altri ha saputo puntare la lente del microscopio sul
labirinto della femminilità». In giorni in cui i teatri restano vuoti e
l’attore tiene il punto per rispettare il testo da cui la sua vita dipende, il
teatro Piccolo, gremito anche di martedì sera, fa ben sperare sulla capacità che
più amo nell’essere umano: mettersi in discussione.
Peccato però che, almeno
nella platea del martedì, il 90% del pubblico fosse femminile. Testi come
questi, possono rappresentare una svolta nella comprensione delle donne, perché
entrano nelle loro anime con un’ansia di scoperta che non trova pace, che le
divora per restituircele molto più simili a noi uomini di quanto ci sia stato
insegnato o di quanto ci piaccia ammettere.
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