La confessione di Roman Markin: come alimentare la speranza

«Se avete perso fiducia nella potenza della narrativa, Anthony Marra vi farà cambiare idea», parola del New Tork Times che, recensendo La confessione di Roman Markin, il nuovo romanzo di Marra dopo il successo del suo esordio (La fragile costellazione della vita), ha lodato la capacità di analisi e di approfondimento del trentenne autore americano, senza dimenticare la sua profonda conoscenza della storia russa.


La confessione di Roman Markin è senz’altro un'opera notevole per il suo gioco d’incastri, un puzzle composto da nove storie, in cui passato presente e futuro si legano in modo inscindibile. La narrazione si apre nella Leningrado del 1937, facendo conoscere al lettore Roman Markin, un pittore trasformato dal regime sovietico in "censore di immagine". A lui spetta eliminare da fotografie e dipinti i volti dei nemici della patria, inserendo al loro posto i nuovi capi del partito. Ma avere il potere di modificare la realtà, seppur solo in fotografia, fa nascere nella mente di Markin la folle idea di riuscire a salvare alcuni volti, affinché resti di loro una traccia quasi invisibile che non faccia dimenticare la loro esistenza. 

Così, il protagonista di questo racconto, converte le facce che doveva distruggere in un ricordo del fratello Vaska, ucciso dal regime per il suo radicalismo religioso. Partendo dall’idea dell’arte come strumento «per non morire di verità», Markin arriva addirittura a dipingere il capo del partito con la faccia del fratello su di una tela del pittore ceceno Pëtr Zacharov. Sarà questo quadro il nesso che collegherà tutte le storie del libro e, dopo una lunga peregrinazione, tornerà nel museo da cui proveniva, da cui un arrogante oligarca lo aveva comprato per ornare la sua dimora. 


Al pari di suo fratello, anche Markin sarà arrestato per tradimento e morirà dimenticato e indomabile come un "kokur", un leopardo stanco che il protagonista aveva visto allo zoo ai tempi della sua fanciullezza. 
La guerra, la fame, la violenza, i processi politici del periodo staliniano, i gulag, l'esilio in terre desolate e soprattutto la miseria del popolo russo rappresentano lo scenario apocalittico del romanzo di Marra, in cui campeggiano protagonisti e comprimari dotati di straordinaria umanità. Essi potranno apparire al lettore sensibili o arroganti, tragici o sentimentali, ma il loro dolore, il loro cinismo, la loro capacità di non arrendersi, segnerà profondamente chi avrà voglia di incontrarli. 

Anthony Marra

La narrazione di Marra è calibrata e scorrevole, lo stile accurato, ma è la capacità dell’autore di cogliere e rappresentare l'anima di tanti piccoli e grandi esseri umani a segnare il lettore. Fra i personaggi indimenticabili di questo viaggio nell’animo umano c’è quello della «ballerina che fluttua sopra il palcoscenico del Mariinskij», il più famoso teatro di San Pietroburgo. Qui Marra crea una storia nella storia, in un dinamica che fa pensare a un’incisione di Maurits Cornelis Escher. Markin troverà sul proprio tavolo la fotografia di questa artista. Andrebbe "corretta": una étoile caduta in disgrazia, di cui il regime vuole cancellare il volto come sfregio da aggiungere alla prigionia e all'esilio. Roman non lo farà, non del tutto. Per amore della bellezza «salverà ombre che non ci sono» e la renderà immortale nel ricordo delle generazioni future.


Un salto di decenni e Marra fa incontrare al lettore la nipote della ballerina, di nome Galina, che studierà danza come la nonna e sposerà un ricco oligarca. In essa sembra racchiusa la rivincita della sua antenata, ma è un’illusione e per aver definito Putin «un barbaro a torso nudo», Galina verrà privata di ogni privilegio e rimandata a Kirovsk, una città ai confini settentrionali della Russia. Molti protagonisti delle storie successive si rincontreranno proprio a Kirovsk, tutti discendenti da uomini e donne che hanno vissuto con coraggio la dittatura, nuove generazioni desiderose di riscattarsi dalle menzogne del regime, dai compromessi subiti per paura di sparire, dai tradimenti consumati per una porzione di cibo in più.


Leggendo le loro storie decodifichiamo il messaggio di Marra e de La confessione di Roman Markin: solo la solidarietà tra gli uomini, soprattutto i più umili, è in grado di alimentare la speranza e solo l'impegno artistico può filtrare la falsità e le menzogne politiche.



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