Ogni libro, un azzardo.

Gennaio è un mese strano. C’è la pioggia, il lavoro che ricomincia, un altro anno che si attacca alla nostra vita come un insetto intrappolato sulla carta moschicida; sbatte le ali per portarci chissà dove e poi, dopo dodici mesi, si stanca e muore, e a noi sembra di non esserci mossi di un millimetro.

Ma qualcosa è successo. L’anno è passato e noi dobbiamo ricominciare, sentiamo già le ali del nuovo insetto che si avvicinano, per far rumore, per bisbigliarci che stiamo per cambiare. Poi gennaio finisce, è finito anche quello che incartava il 2013, e noi lo appallottoliamo e lo gettiamo via, felici, perché di far bilanci e spargere mormorii uggiosi ci siamo annoiati. Ci serve un azzardo, una piccola pazzia da cui ripartire, per non ascoltare le ali che sbattono e si affannano e non si muovono. Allora ci addormentiamo e sogniamo. E in fatto di sogni ci sono autori che sono maestri, ma trovarne qualcuno che ci parli di quelli altrui è cosa assai rara e non interessa e il mercato editoriale non è disposto a rischiare e nessuno compra più libri e nessuno li ha mai letti.

Verità, eppure scontate e ripetitive, mentre a noi serve un azzardo, si è detto.

A noi serve credere che tutto possa cambiare, che se s’insiste a proporre qualcosa di diverso, qualcuno, pur di non sentire quelle ali che sbattono sopra la nostra testa si giri e ci presti (a interessi bassi per carità) un po’ di attenzione. Saremo pronti quando ciò accadrà e intanto sogniamo. Per farlo ispiriamoci a chi questi sogni (altrui) li ha messi su carta e li ha resi perfetti, reali, quasi che siano coloro che li hanno sognati a raccontarceli, per avere un nostro parere. Mi riferisco ad un piccolo libretto (per numero di pagine) che è grande per proposta immaginifica e coraggio, mi riferisco a Sogni di sogni di Antonio Tabucchi (Sellerio editore, 1992) e ai suoi scarni resoconti di sogni d’autore, perfetti, perché scritti in punta di penna, con passionale rispetto per chi quel sogno potrebbe averlo fatto, senza quella morbosa curiosità di saper tutto di tutti, di scavare, di rendere pubblico ogni angolo dell’uomo. Perfetti perché del sogno non è tanto la trama a colpirci quanto il significato che manca e che sta a noi provare, azzardare a creare. E allora eccoli, fumosi e eterei, tutti per voi, da Ovidio a Caravaggio, da Rimbaud a Čechov, fino a quelli che forse ho preferito Leopardi e Majakovskij, per motivi che son miei e quindi non vi dirò, lasciando ai vostri azzardi la scelta che più vi appartiene.



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