“Fu prendendo sul serio i romanzi che imparai a prendere sul serio la vita” - Orhan Pamuk


È forse in questa frase che si nasconde uno dei segreti che Orhan Pamuk ha voluto condividere con i suoi lettori all’interno del saggio Romanzieri ingenui e sentimentali (Einaudi, 2012 – trad. Anna Nadotti), un testo di poco più di cento pagine, da cui difficilmente potrete tornare indietro. 
Dopo averlo letto non riuscirete più ad avvicinarvi ai grandi classici dell’Ottocento e del Novecento con la stessa incosciente leggerezza. 
Dovrete sminuzzarli, soppesarli e contestarli, per capire se vi trovate di fronte ad un sicuro, saggio, crudele e spontaneo scrittore ingenuo o ad un emotivo, riflessivo, problematico e dubitante scrittore sentimentale, secondo la dicotomia che Schiller prima e Pamuk poi ci presentano e, da bravi sentimentali, cercano subito di mettere in discussione. E sarà l'inizio di un viaggio fra boschi narrativi molto più fitti e suggestivi di quelli che eravate abituati a frequentare. 
Vi imbatterete in Tolstoj e Dostoevskij, Mann e Woolf, Joyce e Yourcenar, riscoprendo l’intima connessione fra pittura e scrittura che già Orazio, nell’Ars poetica, adottava per paragonare le due arti, evidenziando il potere visivo della narrazione. Vi aggirerete fra le pagine dei romanzi prediletti da Pamuk, esercitando l’immaginazione e la meraviglia di un visitatore smarrito in un museo sconosciuto, in cui ogni oggetto, gesto o parola sarà capace di metterlo in connessione con personaggi così simili a lui da apparir reali, anzi migliori. Così “migliori” da cercare di modificare la propria vita per competere con loro.
Niente paura, non perderete il gusto per la lettura e sarete quanto più ingenui o sentimentali vorrete in futuro come lettori, ma con una maggiore consapevolezza nella vostra scelta, e non è poco.
Buona lettura.
   

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